FIERA DI SAN FAUSTINO

Silvia Fedrigo ha contribuito donando al blog varie fotografie e informazioni utili. Si vedono lei e suo padre Valerio in questa immagine apparsa su un quotidiano uscito il giorno successivo all'evento della fiera. Nonostante il freddo, a volte pure il maltempo, è un mese in cui a Brescia tanta gente si ritrova in città, sia di giorno che la sera. Febbraio comprende infatti il periodo del carnevale, il giorno di san Valentino e poi c'è la fiera di San Faustino. Inoltre, come accade anche durante le feste di dicembre, i negozi e le attività della zona, sull'onda di questi eventi a cadenza annuale, si fanno trovare più attrezzati, organizzati e forniti. Per chi è cresciuto in zona san Faustino e quartiere Carmine, la fiera è come se fosse di fatto un evento di casa, quasi di famiglia. Passeggiando tra la folla è quasi scontato incontrare parenti, conoscenti e amici.


Scrivendo in un noto social, Massimiliano Lazzari ha fatto riferimento a un oggetto che alla fiera di san Faustino ha fatto storia. Si tratta di quella mini antenna per poter vedere la televisione, che in teoria avrebbe permesso a chiunque e dovunque di ottenere immagini limpide di tanti canali. Un uomo, sommerso, da centinaia di confezioni dell'antenna e dalle persone incuriosite, infilava il cavetto nella presa dell'antenna sul retro di un televisore, facendo apparire immediatamente tutti i canali perfettamente sintonizzati. La stessa operazione la ripeteva tutto il giorno. L'antenna di anno in anno cambiava forma e stile. Io e mio fratello Marco l'abbiamo provata a casa. Si vedeva poco o nulla. E' finita temporaneamente in un armadietto e tempo dopo l'ho distrutta in uno dei miei esperimenti. Sul tetto del nostro condominio di via Valerio Paitone, credo un'antenna vera e propria non ci fosse nemmeno e forse l'abbiamo comprata proprio per quel motivo, tra illusione e speranza. La prima volta che ho avuto occasione di essere in fiera, ero giovanissimo e non abitavo ancora al quartiere Carmine, mi aveva impressionato un tipo che vendeva piatti e bicchieri. Attirava l'attenzione picchiando i piatti su un bancone, per far vedere che non si rompevano. E vendeva e vendeva e vendeva.

CARNEVALE
Quando abbiamo osservato e valutato tutte le fotografie a casa sua, Mirella andava in cucina e tornava quando poteva, aiutandomi a riconoscere persone e luoghi nelle fotografie, per provare a intuire le date esatte e per indicarmi situazioni o ricordarmi episodi. Nell'immagine è in corso Zanardelli con suo fratello. Credo siano in tanti a ricordare cosa diventava la zona durante quelle giornate folli. E cosa rimaneva sul campo a giornata terminata. Resti di giochi, un macello di coriandoli e stelle filanti, residui di schiuma e un casino di altre cose. Anche su certe vetrine e su varie automobili prese di mira dai gruppi di ragazzi, a sera rimanevano pasticci e prove di scherzi non da poco.


Siamo, mi pare, nel bar dell'oratorio. Da sinistra a destra, Ivan Zampedri, Christian Modena e Carlo Poli. Se non ricordo male il vestito indossato da Ivan era una vestaglia da notte di proprietà della madre o della nonna di Fausto e Daniela Vergine. Gli è stata prestata per l'occasione. Mi pare strano oggi a pensarci, ma nonostante mi abbiano sempre attirato l'ambito del carnevale e i travestimenti, al momento non ricordo di aver mai fatto nulla in costume all'oratorio. Non ho di me un solo ricordo in città che possa essere correlato a un costume di carnevale.







Emanuela e Daniele, Arlecchino e Zorro se non sbaglio. La loro famiglia abita nella zona di San faustino, dove tra l'altro ha da decenni un'attività importante. Di conseguenza hanno vissuto ogni anno tutti i vari eventi in città. Mi ha incuriosito particolarmente questa immagine n quanto il costume di Zorro era quello che utilizzavo sempre io da ragazzino, mentre l'Arlecchino era tra le maschere classiche che più mi attiravano. Da piccolino, quando mi travestivo, mi capitava a volte di immedesimarsi eccessivamente e di sentirmi per qualche istante il personaggio che rappresentavo. 

A volte si scattano fotografie e ne escono dei piccoli capolavori. Oltre a una giovanissima Silvia Fedrigo, in costume per il Carnevale, si vedono l'altalena e la neve. Per come è stato immortalato l'attimo si ha l'impressione di poter vedere la scena in movimento. Ricorda il fermo immagine di un filmato. Come si nota nella foto, in oratorio l'altalena aveva le bacchette, alcune storte. Era costituita dalla solita asse per appoggiarci le chiappe, però a sostenere l'asse non c'erano le classiche catene o delle corde ma delle verghe di ferro che si facevano gelide in inverno e che in estate scottavano. Con l'utilizzo, spesso scriteriato si piegavano anche, oppure venivano piegate di proposito. A volte poi venivano modificate o sostituite. Credo di aver contribuito anch'io, non nel modificarle o sostituirle, ma nel piegarle.

La Z di... Zamperdri.  Ivan, Michele e Lucia. Immagine proveniente di loro album. A giudicare dallo sfondo, la fotografia dovrebbe essere stata scattata in oratorio a San Faustino. Io non ricordo di essere mai arrivato con addosso un travestimento da carnevale, ma se è accaduto, sicuramente avevo il vestito di Zorro pure io. Di me travestito in città non riesco a ricordare. Dei giorni avevo un rossetto alle labbra, ma ero talmente fuori che avrebbe potuto trattarsi di giornate qualsiasi dell'anno.

Carlo Poli, Riccardo Genovesi e Giacometti, impacchettati e pronti per essere regalati. Durante il carnevale si può essere chiunque e qualsiasi cosa, potendo scegliere tra un numero praticamente illimitato di travestimenti, con abbigliamento ma anche appunto con scatoloni, oggetti e con qualsiasi diavoleria possibile possa venire in mente. Nel periodo in cui lavoravo al Paradiso ricordo che una sera è arrivato Ivan. Era travestito mi pare da Barbone.

Ecco altre importanti immagini donate da Chiara Piconese, che è la prima in alto sulla piramide. Sono relative a un periodo del carnevale di metà anni ottanta. Importanti non solamente per i costumi ma anche perché mostrano tanti ragazzi insieme e pure qualche persona che oggi non c'è più. Scattate inoltre in un oratorio non ancora restaurato e riassettato, che mostra quindi caratteristiche oramai scomparse ma interessanti per i ricordi.

Fotografia che proviene dagli album della famiglia di Claudio Panni. Mostra l'oratorio negli anni ottanta, durante il periodo del carnevale. Sullo sfondo c'è quella giostra che riverniciata più volte è stata uno dei simboli principali del luogo.









Quando in oratorio allestivano per il carnevale, io scappavo. Non avevo voglia di impegnarmi nel dare una mano. Quando era tutto pronto e arrivavano i giorni delle maschere però ero uno dei primi ad arrivare, anche perché gli altri andavano a scuola o lavoravano, mentre io ero in giro per gli affari miei. Tra i numerosi ricordi di quelle giornate c'è un pomeriggio trascorso con mio fratello Marco, Gianni Zampedri e Massimiliano Covatti. Secondo me cercavamo di rubare qualcosa in cartoleria, tipo le fialette puzzolenti o qualche altro per fare scherzi, ma ci hanno mandati tutti fuori. Forse avevano capito cosa avevamo in mente. Le vie erano pieni di schiuma, liquidi non meglio identificati, stelle filanti, coriandoli, oggetti vari e sacchetti vuoti. 

Si usa dire che a carnevale ogni scherzo vale. Noi ne abbiamo fatto uno a Fulvio, il Barba del bar. Quando esisteva ancora il portico in oratorio, da lì la sera si poteva guardare attraverso le tende alle finestre. Noi, da fuori, al buio, continuavamo a chiamare Fulvio, dando dei leggeri colpi ai vetri. Quando si accorgeva e usciva, eravamo già scappati. Oppure c'era chi rimaneva lì ma faceva finta di niente. Lo abbiamo per due sere consecutive e il Barba che ovviamente aveva intuito, stava solo aspettando di capire chi fosse esattamente. 

Francesca, una ragazza vista pochissimo in oratorio, che in qualche occasione ho anche accompagnato a casa, mi aveva detto che odiava il carnevale e che i trucchi rovinavano la pelle. Stava facendo il corso per diventare estetista e iniziava ad intendersi di problemi della pelle e di creme varie. 






Dagli album di Katiuscia Gaffurini sono arrivate anche immagini destinate al post dedicato all'asilo e alla scuola, utili inoltre per questa pagina relativa al carnevale. Lei è col costume verde e rosso. Ci sono alcuni ragazzini che riconosco, altri no, ma tutti noti. Tra le poche immagini in cui la gente a noi conosciuta appare così giovane, per questo motivo fotografia ulteriormente importante.


Il manganello è un classico del carnevale. Ci si dà battaglia a volte in quei giorni. In foto ci sono Ago e un ragazzo che non ricordo, ma che osservandolo in foto mi fa venire in mente una persona che conosco; probabilmente mi sbaglio. Purtroppo non posseggo una fotografia più nitida. Oltre il manganello, per darle via a Carnevale si utilizzano pure spade e armi generalmente fornite con i vari costumi messi a disposizione dai negozi. 




Ivan Zampedri e Christian Botti. Il bello del carnevale sta pure in queste rappresentazioni quasi caricaturali di certi generi di eccesso o di paradosso.












Roberto Berardi, sullo sfondo vestito da donna e c'è anche Alex Taglietti da bambino, travestito da sceriffo.















Immancabili in quel periodi gli autoscontri. e vetture hanno quella coda c
he sale rigida verso l'alto, fino alla rete elettrica che distribuisce l'energia necessaria per il movimento. A due posti, ma salirci soli è meglio. A quel tempo avevano colori metallizzati all'eccesso e nonostante la velocità esigua e la spessa gomma nera attorno per attutire gli scontri, ci si poteva fare un po' male. Ad esempio dopo uno scontro a sorpresa causato da uno degli immancabili bori di turno, che per colpire più duramente gli altri si aiutavano nel momento dell'impatto muovendo di scatto tutto il corpo in avanti. Non a caso dopo scontri eccessivamente violenti non mancavano a volte sguardi a occhi fissi e alcuni gesti inequivocabili, per non parlare di insulti o minacce a breve termine. 

Un gestore dell'autoscontro, sempre seduto alla cassa, ogni tanto 
con accento d'altre regioni, interrompeva la musica o ci parlava sopra, per invitare al microfono quelli in pista a non esagerare, ma ovviamente non lo cagava nessuno. Immancabili poi i soliti furbi che per non dover comprare i gettoni, a ogni occasione possibile chiedevano di poter salire da passeggeri sulla vettura di amici e conoscenti. Facendo girare continuamente e del tutto il volante, le macchinine a un certo punto iniziavano a fare una sorta di retromarcia ubriacante con traiettoria a cerchio. 

I
 gestori avevano una paletta in plastica che inserivano in alternativa ai gettoni, per parcheggiare con ordine le vetture lasciate sparse a centro pista a fine corsa. Nel parcheggiarle guidavano con abilità e a volte pure in equilibrio in piedi. Ricordo che la sera tardi osservavo il funambolico parcheggiatore. Mi attirava per come riusciva con poche manovre veloci ad affiancare le vetture perfettamente una accanto all'altra. E se si accorgeva di essere guardato, proprio per quel motivo, faceva ancora di meglio per farsi vedere. T
ra i ricordi anni ottanta più vivi che ho dell'autoscontro riguarda Elena Di Vita che inseguiva un tipo, probabilmente per gioco. Era una tipa che sapeva farsi intendere. Di quel pomeriggio ricordo anche Gianni Zampedri, con una ragazza di Bovezzo dai capelli lunghi, forse una sua morosa. Tutti quanti ci si è ritrovati almeno una volta all'autoscontro, sempre presente negli anni ottanta.


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