FAUSTO E DANIELA VERGINE

Fausto e Daniela con i genitori, in una fotografia degli anni settanta. Nelle estati degli anni ottanta la piazzetta a San Faustino, accanto alla chiesa, la sera, era frequentata da numerose persone tra bambini, ragazzi, genitori e nonni. Spesso c'erano anche i genitori di Daniela e Fausto. Tante persone stavano sedute alle panchine, altre a parlare in piedi o sedute in auto o sui motorini. Noi ragazzi giocavamo a calcio utilizzando il portone della chiesa, come porta in cui segnare il gol. Automobili, motorini e biciclette transitavano senza sosta sulla via. Non poche poi le persone a piedi. Ogni tanto il nostro pallone finiva in strada. Sia Fausto che Daniela, oltre che in oratorio, li ho visti spesso anche in piazzetta. Con il look sempre curato e un'educazione nel rivolgersi a me che non era da poco. Daniela sempre tranquilla, incuriosita un po' da tutto, con un buon carattere. Se ci capitava di sentire da un'autoradio canzoni di Claudio Baglioni, le parlavo ma non mi ascoltava perché era presa e le piacevano molto. Le venivano anche gli occhi lucidi a volte. La ricordo poi in giro, in bici, un'estate in particolare, insieme a Paola Daffini, entrambe a fare lo slalom tra paninari e i militari sul corso, che le chiamavano.

Per un periodo mi sono trovato a giocare spesso a triangolino in squadra con Fausto, Mauro Quecchia e Gianpiero Farina. 
Mi ricordo che mi ero abituato a stare in squadra con loro e se capitava che qualche sera non li vedevo arrivare, rimanevo deluso. Fausto non era affatto male a giocare negli spazi stretti. Mancino, tacchi e finte veloci. Scartava bene. Era preciso. Faceva i tunnel con disinvoltura. Nel dialogare, come Daniela, un tipo educato, di cultura, buon conversatore, con opinioni ben chiare e ragionate. 

Durante le serate estive in oratorio ci siamo ritrovati più volte a giocare a Rimbalzello. Così chiamavamo il gioco dei tiri a canestro. Utilizzavamo metà campo e un solo canestro, e non si trattava del classico basket. Un tiro per ciascuno, e chi faceva canestro poteva tirare di nuovo, fino all'errore. Il giocatore successivo effettuava il tiro dal punto in cui era rimbalzato a terra il pallone in seguito al tiro precedente
. Se il pallone usciva o toccava il muro, per chi era di turno, c'era il tiro libero. Due punti per canestro e vinceva chi per primo arrivava ai 20. Arrivati ai 20, quello che aveva totalizzato meno punti era eliminato. Ci si trovava per le partite a triangolino. Il rimbalzello lo giocavamo a volte proprio in attesa che arrivasse un numero sufficiente di amici per formare le squadre.

Daniela l'ho vista da lontano per caso dopo tanti anni in via Milano. Era ferma in bici. Non ho potuto non notare immediatamente alcune cose che ricordavo, viso e abbigliamento curati e un capo d'abbigliamento bianco. Il bianco ricordavo appunto di lei per quanto riguarda l'abbigliamento nel periodo. Probabilmente pure il nero era, come oggi, nelle sue abitudini.


Ne ho tanti di ricordi legati a Fausto. Una sera della prima metà degli anni ottanta è 
uscito Ballini, barista, che è presente in questa immagine. Io e Fausto eravamo ai tavoli. Ballini aveva un modo tutto suo di parlare. Ha borbottato qualcosa riguardo l'ora legale, ma non abbiamo capito niente di niente. Appena è rientrato nel bar ci siamo guardati e ci siamo messi a ridere. 


Daniela faceva due passi a volte in San Faustino, con un ragazzo che credo fosse il suo moroso. E i genitori di lei passeggiavano pochi metri dietro loro. Daniela l'ho vista qualche volta anche dentro l'oratorio, ma non so perché non sono mai riuscito ad associarla alle altre ragazze. Aveva un modo e una presenza tutta sua, senza somigliare a nessuno. Abbiamo anche ascoltato l'autoradio sull'Alfasud rossa del Barba, insieme a Silvia Ventura. Ho parlato poche volte con i suoi genitori ma li ricordo perfettamente. A casa di Daniela ci sono stato una volta e c'erano altri ragazzi con noi. Avevamo inscenato per gioco una seduta spiritica con una candela accesa sul tavolo.

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