MASSIMO SCOPO

Nella fotografia è il primo a sinistra, con tuta verde, ed è in posa con la classe, mi pare sezione B delle medie Mompiani. Ci sono altri volti noti: Monja Rasi, Natale, Yuri, i gemelli Pioselli Mario e Ivan, Otello, Paola, Cristina, Natascia, Alfredo, Annamaria. C'è stato un breve periodo attorno al 2002 in cui io e Massimo ci siamo ritrovati spesso a pranzare nella stessa trattoria, dopo anni che non ci si vedeva. Tra gli altri argomenti durante quei pranzi di lavoro, quello del computer e di un corso per imparare a usarlo, destinato ai principianti. Io ero già interessato all'argomento e avevo provato qualche volta a navigare in rete, ma è stato in quel periodo che ho iniziato a interessarmi sul serio al computer, anche parlandone con lui e iscrivendomi al corso con lui e Marco. Sorrido oggi, pensando che in quei giorni mi spiegava il significato ad esempio di ".it", relativo all'Italia in rete, che io non conoscevo, e mi indicava come spegnere in modo corretto un computer. Negli anni ottanta aveva l'autoradio sulla moto. Durante le serate a Chiesanuova, nel 1987 o nel 1988, ascoltavamo insieme della musica e parlavamo di gruppi e brani noti. Ricordo i primi tempi in cui ha preso la moto. Aveva un 125, Cagiva mi pare. E' caduto dopo pochi giorni affrontando una curva.


Fotografia dagli album di Chiara Piconese. Si riconoscono, Don Damiano oggi non più tra noi, Piero (Pierino), Armando Pasini. Massimo è a destra, con i pantaloni della tuta azzurri. Siamo in oratorio a san Faustino negli anni ottanta. Vi immaginate i Due Amedei (io e mio fratello Marco) e Massimo, insieme, alle lezioni per un corso di computer? A metà della prima lezione io avevo aperto tante di quelle finestre sul desktop da non sapere più come uscirne, ed ero già pentito di aver speso i soldi per il corso. Massimo e Marco erano seduti  uno accanto all'altro, a prendersi per gioco a pugni nelle spalle e a bestemmiare a bassa voce. 

Il papà di Massimo aveva un bar in zona San Faustino, che faceva anche da Fiorentina Club. Massimo l'ho visto e gli ho parlato già durante il mio primo anno scolastico alle Mompiani nel 1981 o 1982. Poi lo ho perduto temporaneamente di vista e ho ripreso contatto dal 1985. Da lui ho saputo della morte di Stefano Daffini, durante uno di quei pranzi in trattoria.


In agosto (2012) ho avuto occasione di salutarlo, che era alla guida dell'autobus, suo mestiere da anni. Così ho deciso di trasferire definitivamente proprio nel suo post, il testo e la foto relativi al mitico autobus (pulmino lo chiamavo da piccolo) Saviem. Immagine donata a Sanfablog da Savio Micheletti, mio cognato, anche lui un tempo autista di autobus. Un'immagine veramente importante, non solo perché ci mostra un Saviem fotografato anni fa e sempre rimasta negli archivi. Il Saviem per circa trent'anni ha attraversato la nostra città, trasportando e accompagnando i bresciani a casa, a scuola, al lavoro, a spasso. Si può ricordare Il particolare rumore del motore, soprattutto quando rallentava per le fermate e quando riprendeva i giri alla ripartenza. Poi le ante con quel "soffio", le telecamere accese per permettere all'autista di vedere i passeggeri scendere, le sospensioni sulle curve che permettevano all'autobus pieghe incredibili, il colore dei sedili, con quei due divani a tre posti piazzati sul fondo, l'immancabile adesivo con la scritta "ecco come si ruba un portafogli in autobus" e con la sequenza di vignette del borseggiatore che infilava le mani in "tasche, taschine, borse e borsette", e la targhetta "posto riservato agli invalidi di guerra e del lavoro". Poi il distributore per acquistare i biglietti sul bus, il tesserino da 10 corse, il DINNN!!! che suonava per la fermata richiesta. E poi c'era un Saviem diverso, con sedili marrone chiaro e rigidi. Ricordo il silenzio che di colpo calava, quando l'autista spegneva il motore al capolinea e scendeva a far due passi.



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