IVAN ZAMPEDRI

Una sera della prima metà anni ottanta, mentre giocavo con altri ragazzi in piazzetta a San Faustino, ho rivolto un termine volgare a una signora tra quelle sedute alle panchine. Uno dei ragazzi presenti, che ancora non conoscevo, era suo figlio. Ivan Zampedri. Mi ha inseguito fino a metà vicolo San Faustino, senza raggiungermi. Per scappare ho attraversato la via san Faustino in fretta, senza nemmeno guardare le auto in transito. Non mi ha raggiunto quella sera, ma non è trascorso molto tempo. Infatti ci siamo ritrovati in oratorio, al triangolino, nei giorni successivi, probabilmente già il mattino dopo. Aveva, mi pare, una bici cross. L'ha appoggiata al muro, di quello che allora era ancora il teatro. Per qualche secondo ho temuto di prenderle. Mezz'ora dopo, io lui e mio fratello Marco Franchi, abbiamo giocato un torneo di triangolino. Sono stato spesso a casa sua in quegli anni. Abbiamo trascorso parecchio tempo da lui; alcuni dialoghi, tanta musica, televisione, cartoni animati, partite e gol. C'erano sempre bottiglie di bibite e pacchi di biscotti in camera. A volte, tra un programma televisivo e un disco di canzoni, si andava in cucina per un panino. Certe sere si era costretti a scendere le scale con l'accendino acceso per far luce, a volte con il palmo della mano raso al muro. Penso che, in generale, numerose rampe di scale delle case di quella zona mi rimarranno nella mente. Tra scalini scivolosi, storti o mancanti  e ringhiere e pianerottoli flessibili, ho visto cose veramente incredibili. La casa di Ivan era fresca in estate, e c'era quasi sempre buio; raramente luci accese. Ogni tanto rubava delle sigarette a suo padre e le fumavamo di nascosto da tutti. Le nascondeva sul muro del cesso comune che c'era sulle scale, proprio di fronte alla sua porta. Negli anni ottanta ho avuto occasione di conoscere i suoi nipoti Michele e Lucia. E non ricordo in che anno, ma a Brescia sono venuti per qualche giorno altri due suoi nipoti, provenienti da Genova...




Particolare di un'immagine che lo mostra in tenuta da portiere per la squadra del San Faustino. Anche Ivan ha contribuito donando immagini e ricordi in dettaglio, oltre ad aver mediato, portandomi fotografie donate da altri...
Il 3 agosto del 1984 "Ivan è diventato un salumiere...". Altro ricordo è infatti quello di lui al lavoro, nella salumeria di Civini in corso Mameli. Mi fermavo a volte sulla porta d'ingresso del negozio, per vedere come faceva, come serviva le clienti. Quando mi vedeva sulla porta faceva quell'espressione sua classica cercando di capire per quale motivo mi trovassi lì. D'inverno si gelava, lui la sera, a fine lavoro, era fuori alla fontana, nella piazzetta all'aperto sul retro del negozio. Lavava a mano vaschette e coltelli senza usare nemmeno i guanti di gomma e pure con le maniche tirate su, come se niente fosse. Ogni tanto gli facevo compagnia in quei momenti e capitava che Civini uscisse a salutarmi. Mentre lavava mi parlava delle clienti che rompevano i coglioni e mi descriveva i tempi esatti di quando sarebbe arrivato a casa, si sarebbe lavato, cambiato e tutto il resto...




Con Ivan, giovanissimo in quest'altra immagine, sono stato tanto in giro a piedi sul corso Zanardelli. Sotto i portici ci guardavamo spesso riflessi nelle vetrine e ci bagnavamo i capelli alle fontane per accomodarli. Era l'era delle vasche sul corso a base di look e mode con abiti firmati e capelli con gel, jeans con risvolti e tutto il resto. Non che io e Ivan fossimo patiti di marchi e loghi, anzi. Era un periodo in cui comunque si cercava di avere un aspetto simile alle mode del momento, anche se in modo approssimativo. Usciti dall'oratorio, soprattutto la domenica, si andava esclusivamente verso le piazze e il corso, raramente in altre direzioni e altrove... e poi di nuovo a casa sua; telefilm, cartoni animati, Colombo, i Jefferson, Sanford & son... e sul finire degli anni ottanta, forse primi niovanta, ci siam trovati a guardare insieme la sera, anche un tipo che mi è rimasto nei ricordi in modo particolare, Sledge Hammer. Si ghignava...



Considero oggi come una vera e propria avventura quella di aver accompagnato Ivan a Nocera Inferiore (mi pare nel 1987) passando da Napoli, per ritirare una carta del suo congedo. Al ritorno avremmo dovuto cambiare treno a Verona, ma ci siamo addormentati entrambi e ci siamo svegliati a Bolzano...


Fotografia scattata e donata da Mauro Agretti. L'anno è il 1987. Campeggio di Portese. Come poter pensare a quel periodo senza fare riferimenti alla musica e alle canzoni da ballare o da ascoltare in compagnia? Io e Ivan ci siamo drogati di quella musica. Dischi 33 e 45 giri, radio, cassette. C'è pure un bel ricordo di una serata trascorsa sulla giostra in oratorio a San Faustino; lui con il mangiacassette appena acquistato e alcuni brani registrati dai canali radio. Lei Verrà di Mango, Russians di Sting, We need protection dei Picnic at the Whitehouse e altre canzoni ancora. Il bello di quelle registrazioni artigianali è che tra una canzone e l'altra c'era l'intrusione di un secondo o due di qualche spot pubblicitario o di un DJ che non se ne stava zitto, oppure il brano iniziava di colpo che si era già a un quarto di canzone. E in alcuni casi la canzone si interrompeva ben prima della fine. Bellissimi ricordi, come quello del fruscio allucinante della testina sul nastro a volume alto. Ciascuno di noi ha almeno una canzone che permette con la memoria di tornare nel passato. A me basta ascoltare una canzone del disco Cosa succede in città, di Vasco Rossi, per tornare immediatamente con la mente nella camera di Ivan ... 



Ivan, giovanissimo...

Silvano Zampedri, padre di Ivan e uomo conosciuto a San Faustino, è una delle poche persone alle quali faccio visita saltuariamente al cimitero. Tra i vari miei ricordi di casa Zampedri c'è quello del signor Silvano che ogni tanto sbucava dalla camera in mutande e canottiera, per andare in bagno. Sempre col respiro un po' in affanno, con il passo alterato, mi pare a causa di un incidente automobilistico. A volte la mamma di Ivan, Luigina Bonandi, veniva in camera a piegare gli abiti o gli stracci. Guardava Ivan dalla testa ai piedi. Lui le cantava vicino alla faccia. Lei lo fissava e gli diceva delle cose in dialetto, per farlo smettere di sfottere :-). Oppure gli chiedeva cosa voleva mangiare...



















Ivan, in questa immagine scattata a Carvanno, ha una fascia al braccio sinistro, per via una ferita che gli ha lasciato un segno permanente. Sentivo che in tanti andavano in quel luogo e non ci sono mai stato. Di notte si facevano gli scherzi tra di loro. Ricordo che, per invidia, mi dava un po' fastidio quando si parlava di Carvanno, perché non potevo andarci. Nella fotografia si riconoscono anche: Carlo, Fabio, Ricky, Palatini (mi pare), Claudio Panni e Daniele...




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