ALESSANDRO MACCHI

Nonostante sia tra i ragazzi che ho visto meno negli anni ottanta, e poco anche in altre occasioni nei decenni successivi, la sua morte mi ha lasciato un segno importante. Quando si vive per anni in una zona, si finisce col nutrire simpatie, antipatie nei confronti delle persone, e in genere si lega più con quelle che si incontrano e frequentano tutti i giorni. Macchi fa parte di quei ragazzi che non vedevo spesso. Anzi, a volte riappariva solo dopo mesi, o lo ritrovavo per puro caso in altri quartieri. Si divertiva ad ascoltare racconti strani o le nostre avventure quotidiane e in ogni gioco che si faceva, anche se non era bravissimo, come nel calcio, si divertiva lo stesso. Un giorno d'estate siamo partiti da San Faustino e abbiamo camminato fino a San Gottardo, forse oltre. Posso immaginare si sia trattato di un giro improvvisato in un pomeriggio di noia e di caldo. Di quei giri che da giovani si vanno a fare, senza porsi troppe domande su destinazione e orari di rientro. Lui veniva in oratorio a periodi. Per dei giorni c'era, poi non lo vedevo più per settimane. Qualche tiro a pallone in campo o a triangolino lo abbiamo fatto, anche se non lo ricordo così legato al calcio giocato. Ci siamo divertiti spesso, anche lontano dall'oratorio. Qualche volta l'ho visto in discoteca al Paradiso. Me lo ricordo negli anni ottanta con vestiti firmati, con la sua moto, che se non sbaglio era lo stesso modello che aveva Beppe Gandelli, del Pico della Mirandola...



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