CONTRADA DEL CARMINE

Una delle immagini donate da Katia Felter. Credo scattata dalla finestra di casa sua. Mostra tra i vari importanti dettagli come era la principale via del quartiere Carmine. Oggi, tra restauri e riqualificazioni è mutata parecchio. L'importanza, indiscutibile, delle immagini di un tempo, sta proprio nel fermare l'attimo in modo che ne rimanga memoria, traccia e trascorsa identità. Sì notano pure dei motocarri, uno dei quali era di Luciano Agretti chiamato anche Cilù, così come era ed è chiamato anche suo figlio Mauro. Si notano il panificio di Ada e in seguito della Gabry e l'ingresso ad arco a via Ventura Fenarolo. 

Interessante osservare in queste due immagini di Katia, le auto di allora. Con alcuni modelli che oggi sono a tutti gli effetti nella storia dell'automobile.
Io sono arrivato al Carmine nel 1981 o 1982, e di conseguenza conosco poco la storia della Trattoria Amici. Ciò che so io mi è stato raccontato. Per anni sono stati i Felter a possedere e gestire il locale che poi è passato alla famiglia Agretti. L'immagine risale appunto alla gestione di Cilù e famiglia. Se non ho capito male i Felter e gli Agretti hanno abitato anche vicini ed è stata grande amicizia tra le due famiglie. 



Testo del 2010, di Maurizio Poli. Dedicato al ricordo del signor Luciano Agretti, il mitico Cilù: "... Ci sono persone nella nostra vita che occupano un posto speciale, escludo ovviamente il parentado... queste persone entrano nella vita di ogni individuo per semplice conoscenza, entrano in punta di piedi e, con il tempo, ti diventano amici. Io ho avuto modo di passare per questa fortunata strada, elencarle tutte le persone, sarebbe una lista lunghissima, non me ne vogliano quelli che per ragioni diverse occulto o dimentico. Generalmente nel quartiere Carmine ci si riconosce con un Scotom o soprannome. Uno dei tanti nomi ricorrenti in questo blog... è sicuramente Cilù... Poliedrico nel suo genere, maestro indiscusso, nelle sue forme più sfaccettate, pittore ed imbianchino, cuoco indiscusso, gestore della Trattoria Amici con sua moglie Lucia, il solo vederlo ti strappava il sorriso, una macchietta unica... Quante bevute insieme.. e quanto bicarbonato ha mai consumato nella sua vita questo sant'uomo? Sicuramente, la ditta fornitrice del bicarbonato avrebbe dovuto riconoscergli un premio, non c'era osteria del Carmine che non avesse la sua scatoletta personalizzata ( Cilù ). Presidente del Club del Brescia Calcio Trattoria due Stelle, le cene e le riunioni fiume erano quasi all'ordine della settimana, bere, mangiare, divertirsi, uno slogan mai scritto, ma ricorrente. Parlare di Cilù... ci vorrebbero giorni interi. Tanti sono i ricordi che mi legano a questa persona, e la sua famiglia, uno in quanto suo figlio Mauro Agretti lavorava con me, secondo era una persona molto speciale, quante volte mi sono trovato alla sua tavola, una persona che in generosità e ospitalità non aveva eguali. Quante serate passate nella piazzetta del Carmine, sotto casa Cilù... da Berto in latteria, quante battute si consumavano nelle afose serate estive, un vernacolo tutto suo nell'esprimersi, come se il suo era un vocabolario fatto di sguardi e gesti che solo lui sapeva interpretare, la sua comicità cominciava sin dalle prime luci dell'alba... e fino a notte fonda era sempre lui unico attore, il suo palcoscenico, era il quartiere, il suo Carmine. Se nella nostra esistenza ci sono cose o persone per la quale vale la pena ricordare, ecco Cilù sarà sempre nel ricordo di chi ha avuto la fortuna come me di conoscere. Grazie Cilù. Ciao a tutti..."
















Negli anni ottanta, nei vari giri serali al Carmine, entravamo nei bar a giocare ai videogiochi. Ogni tanto ci capitava di trovare qualcuno che seduto a pochi metri da noi, senza essere stato interpellato, iniziava a raccontare la storia della sua vita o esponeva le sue idee riguardo noi giovani. Alcuni ci rivolgevano frasi ed espressioni strane nel vederci sperperare moneta a volontà per quelle che definivano le macchinette. Di tanto in tanto la sera tardi arrivava un'auto della polizia o dei carabinieri, si fermava di fronte all'entrata di questi bar, per poi ripartire velocemente. Per un breve periodo abbiamo frequentato la sera il Fontanì, noto bar gestito dalla famiglia di Federico. Oltre a me ricordo mio fratello Marco Franchi, Ivan Zampedri, Sergio (il Tonno) e Gianni Zampedri. Mi par di ricordare altre due persone, ma non ne sono certo oggi. Gianni e Sergio avevano a volte delle monete nelle tasche per le canzoni da mettere al jukebox, e i brani che sceglievano li ascoltavamo tutti attentamente. A parte Ivan, nessuno di noi sapeva l'inglese. A volte cantavamo inventandoci parole che sembravano quelle pronunciate nella canzone vera. Appoggiati di peso al jukebox seguivamo attraverso il vetro i numerosi giri del disco e il movimento della puntina. Certi dischi erano deformati, si vedeva la puntina andare su e giù e a destra e a sinistra in modo brusco. Certi 45 giri erano rovinati, graffiati, e ridevamo tutti se saltavano. Ascoltavamo le nostre canzoni preferite che erano in genere le più commerciali tipo discoteca o pop degli anni precedenti. A volte per curiosità capitava di ascoltare anche il lato B, con la versione strumentale, che immancabilmente ci deludeva. Avrò letto mille volte tutti i titoli, i nomi dei cantanti, degli autori e i minuti di durata delle canzoni indicati sui dischi e sulle etichette. 































Contrada del Carmine nella prima metà degli anni ottanta. Fotografata da una persona che oggi non c'è più, che in quegli anni aveva nella via una piccola bottega di oggetti vari, curiosità, giocattoli e cose utili. Si vede parte della chiesa, poi la Latteria della famiglia Negretti con l'insegna del caffè e quella del telefono. Più in là ancora l'insegna del negozio di tabacchi. Si nota, proveniente da via Valerio Paitone, una linea di luce del sole. Bella immagine che mostra anche le auto parcheggiate, cn modelli ormai abbandonati alla loro era, ma mai dimenticati del tutto. Il senso unico di marcia della via Carmine, veniva a volte invertito.








Contrada del Carmine, con tanta gente. Si vedono il bar Ponticello, nome non casuale e parte iniziale dell'insegna del Bottegone. Tra i numerosi pittoreschi personaggi del quartiere, ricordo anche Michelone, un uomo un po' particolare, che a volte dormiva in un garage saturo di oggetti, al piano terra del mio stesso condominio in via Valerio Paitone. La serranda del suo garage era accanto al portone d'ingresso di casa mia. Con lui ho scambiato spesso qualche parola, senza capirci molto per la verità. Credo fosse un buon uomo. Andava a cartoni e stracci, ma trovava il modo anche di fare altro. Aiutava ad esempio i venditori delle bancarelle di Piazza Rovetta. A volte lo vedevo all'alba mentre spingeva alcuni dei lunghi carretti bancarella in legno, borbottando in continuazione. E la sera li riportava nei magazzini dei loro proprietari. Me lo ricordo bene, curvo e teso sui carretti, a spingere a gran forza. Quando una persona ha problemi e difficoltà, accade a volte che venga trattata con atteggiamenti di superiorità e con arroganza o che venga derisa. A volte in effetti subiva trattamenti non simpatici e non solo da ragazzi relativamente giustificabili per via dell'età, ma anche da persone adulte. Indossava abiti spesso sporchi e strappati o con toppe realizzate da lui stesso con del nastro isolante e in generale dava l'impressione di una persona non troppo sana su vari fronti. Ciò purtroppo faceva sentire autorizzati certi individui a considerarlo un facile bersaglio. Per come io lo ho conosciuto, era un tipo educato se lo si lasciava in pace, sempre al lavoro dall'alba alla notte, anche di domenica e durante le feste. Una leggenda (credo leggenda lo fosse ma non so) lo dava come uomo segretamente ricco di denaro e chissà di cos'altro. A me piace ricordarlo nel suo garage buio e profondo, in via Paitone, a trafficare con le mani in borsine appese un po' dappertutto. 


Altra fotografia proveniente dagli album delle famiglie Berardi e Taglietti.
Il testo che segue è stato scritto da Maurizio Poli per Sanfablog nell'ottobre del 2010: "... abitavo in via Federico Odorici, dove l'acqua la si poteva solo avere con i secchi in metallo smaltato, una vecchia pompa a mano e una carrucola per issarla al terzo piano, così era anche per il carbone e la legna per i rigidi inverni, per capirci, era una casa molto vecchia, dietro l'omonima casa Balilla, dove un tempo vi era il cinema Marconi. Da lì io e la mia numerosa famiglia (sei fratelli e la madre) andammo ad abitare in via del Carmine al civico 28, primo piano con (cesso) da dividere con altre quattro famiglie dello stesso piano. Questo stabile una ex caserma della cavalleria, così si diceva, era in uno stato pietoso. Sotto vi erano ubicati dei fontanoni o lavatoi, coperti da una lamiera; chi non li ricorda? Ora in questo stabile si trova un centro per anziani. Nel 1977, l'intera mia famiglia trova casa in via delle Battaglie 61, a fianco del centro San Filippo, una casa finalmente con un bagno. Ma non preoccupatevi, prima di andare ad abitare nelle nuova casa, l'igiene personale veniva comunque mantenuta e curata costantemente, ci si arrangiava andando ai bagni pubblici di piazza del mercato, con trecento lire ci davano una saponetta piccola, una bustina di shampoo e chiamiamolo pure un lenzuolo, grande come un telo mare, per asciugarsi. Poi cera anche il barbiere, con la borsina di plastica a mo' di carcerati, dove ci si metteva dentro il ricambio. Erano gli anni del boom economico... Io già a 14 anni lavoravo come garzone in una bottega, da lì cominciavo ad apprendere i segreti dell'imbiancatura... Che tuttora esercito, da prima in una piccola ditta e poi, in un'azienda più grande, e poi con il mio amico Agretti Mauro, la prima esperienza in proprio... A parte una perentesi precedente, di due anni come fabbro in via Pile. In via Carmine, dove abitavo, vi erano anche alcuni locali pubblici... Il caffè Aurora, il Marinaio, le mitiche Pimpinelle, una vecchia e maleodorante pizzeria da Ringo, sostituiva il caffè Italvini, angolo via Battaglie e via del Carmine, di fronte ai fratelli Zubani, il droghiere, la farmacia Salvi, in via Battaglie, chi non ricorda il carbonaro... Sempre in via Battaglie, vi era anche una salumeria in fianco, ma non ricordo il nome, la sartoria militare in via Carmine, il pasticciere e il macellaio andando verso l'incrocio con via Marsala, una vecchia edicola in legno angolo via Federico Odorici e via Carmine, il materassaio, via Federico Odorici sotto casa mia, un altro bar il Papagallino, di fronte una ditta di affilettature per lame circolari, sull'angolo una vecchia cartoleria. Ricordo anche una esplosione dovuta ad una fuga di gas, in via Battaglie, in una mattina verso le ore 7;30 saltò per aria il vecchio bar del Papagallino, solo due giorni dopo una persona sotto le macerie venne recuperata... Alcune attività danneggiate dall'esplosione, si trasferirono altrove. Quante attività artigianali negli anni successivi si trasferirono o chiusero per problemi logistici, era cominciato l'inesorabile esodo dal quartiere. I vicoli e le vie adiacenti cominciarono ad ammutolire... Non vi erano più folcloristici personaggi che barattavano per le strade, i carrettini dei venditori... Urlanti lisciva, sapone... pentole in rame... ghiaccio... El moleta che metteva a nuovo vostri vecchi coltelli e forbici... materassi... cuscini... Pentole in alluminio... Dove sono ora finiti tutti questi mestieri? Oggi la nostra frenesia non ci dà il tempo per riflettere... Non era forse bello avere un rapporto più umano con le miriadi di commercianti e botteghe di ogni sorta, che alimentavano la vita del quartiere. Il vecchio libretto della spesa (sulla fiducia), sparito anch'esso... Peccato... Oggi forse questo vecchio libretto parlerebbe di storie vissute e mai dimenticate..." Ciao alla prossima, Maurizio Poli.



Altro storico locale del Carmine, il bar con la scritta Latteria. Storica nella vita del quartiere e tanto noti sono i componenti della famiglia Negretti. Famiglia in amicizia con gli Agretti della Trattoria "Amici". Fotografia e commento di Katia Felter: "... era il matrimonio di Dalmira, sorella di Giordano Negretti, i due bambini vicino alla bici sono, quello biondino Beppe Stefana e l'altro Diego Colonghi, poi si vede giordano con i suoi fratelli e cugini.
La foto dovrebbe essere del 1970 ..."






Immagine che arriva dagli album di Katia e Moreno Felter. Commento di Moreno Felter, il primo a destra nella foto:   "... mostra il mio bar... con mio nonno, Mangeri il fruttivendolo e Coco il gambalino..."

 
Altra fotografia dagli album di Moreno e Katia Felter.










Fotografia proveniente dagli album delle famiglie Berardi e Taglietti e testo di Maurizio Poli scritto nel settembre del 2010:

"... Rivedo persone a me care, rivedo storie e aneddoti, il quartiere Carmine, ricco di personaggi unici, dove l'amicizia era sincera è sovrana, il quartiere Carmine, meta agognata dei fine settimana, da parte della gente per bene, che emigrava dalla provincia, lasciando alle spalle la settimana lavorativa, e ne assapora un conforto (tutto nella più totale riservatezza.). Un quartiere che sapeva ridere, sapeva amare, sapeva che l'indifferenza non era di casa, nessuno si arricchiva, in quanto si era soliti dare, le porte sempre aperte, cucine ricolme di soli sapori, famiglie sì povere, ma con dignità, tutti davano quel poco che avevano, la fame era una signora da considerarsi nemica giurata... La si combatteva anche, sottraendo in modo furbesco dalle bancarelle di piazza rovetta, una mela,e via correndo i cento metri ad ostacoli, cosa da far impallidire i velocisti olimpionici di un tempo. Un quartiere pittoresco, dove burle e pagliacciate erano il contorno di una salutare giornata..."





















Fotografia proveniente dagli album di Roberto e Mirella. Questo signore non l'avevo dimenticato del tutto. Se è quello che ricordo io, a volte faceva gesti strani e chiedeva sigarette. In un mio post sul Carmine, scritto anni fa, descrivevo certi uomini su di età, apparentemente strani, bizzarri, ma che nei loro dialoghi seri su certi argomenti, finivano per stupirmi. L'uomo nell'immagine credo fosse uno di quelli. Qui ci troviamo proprio all'esterno del Ponticello. C'è pure il Ciao parcheggiato, che rende la foto ancor più interessante e suggestiva. 



C'era una pescheria a pochi passi dal bar Toscana. Ci andavo a volte a curiosare, più che a comprare, per vedere le anguille vive che la signora, a sinistra nell'immagine, teneva spesso in una vaschetta, a terra, all'entrata del negozio. Tra la pescheria e il bar, a volte si mischiavano l'odore del pesce con quello del caffè. Foto scattata in Contrada del Carmine e proveniente dagli album delle famiglie Berardi e Taglietti.








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